Per la 7. Berlin Biennale, il curatore Artur Żmijewski ha dato origine a uno spazio politico dove esplorare gli effetti dell’arte nella società e le connessioni con le situazioni sociali e politiche attuali. In questo scenario, l’Istituto Svizzero di Roma e altre istituzioni artistiche europee che condividono questo approccio sono stati invitati a intraprendere “azioni di solidarietà” in accordo con il tema della BB7, con l’obiettivo di rendere visibile una rete di organismi che agiscano in vari paesi, in solidarietà tra loro e con la Biennale. Dal 4 giugno al 20 luglio, nell’ambito della Solidarity Action promossa dall’Istituto Svizzero di Roma, verrà presentato il Congresso dei Disegnatori. L’avvio del Congresso dei Disegnatori vedrà coinvolti, il giorno 4 giugno dalle ore 18.00 alla mezzanotte nella sede dell’Istituto Svizzero di Roma in Via Liguria 20.
La 7. Berlin Biennale si svolge dal 27 aprile al 1° luglio 2012 ed è curata da Artur Żmijewski insieme agli Associate Curators Voina e Joanna Warsza. La Biennale è organizzata da KW Institute for Contemporary Art con il patrocinio di Kulturstiftung des Bundes (German Federal Cultural Foundation).
For the 7th Berlin Biennale, the curator Artur Żmijewski has created a political space in which to explore the effects of art in the society and the connections with today’s social and political situations. In this setting, the Istituto Svizzero di Roma and other European art institutions that share this approach have been invited to activate “solidarity actions” in keeping with the theme of BB7, with the aim of making a network of organisms operating in different countries visible, in solidarity between them and with the Biennale. From 4 June to 20 July, in the context of the Solidarity Action undertaken by Istituto Svizzero di Roma, the Draftsmen’s Congress will be presented. The launch of the Draftsmen’s Congress, on the 4th of June, from 6.00 p.m. to noon at Istituto Svizzero di Roma at Via Liguria 20.
The 7th Berlin Biennale takes place from 27 April to 1 July 2012, and is curated by Artur Żmijewski together with the Associate Curators Voina and Joanna Warsza. The Biennale is organized by KW Institute for Contemporary Art with the support of Kulturstiftung des Bundes (German Federal Cultural Foundation).
1_Quali processi teorici sottendono le strategie di occupazione di porzioni di territorio? 2_In che modo il diritto alla città viene espresso attraverso tali forme di appropriazione? 3_Le azioni di intrusione di occupazione che tipo di partecipazione alla vita metropolitana inducono? 4-Quanto queste possono essere ritenute espressioni di collettività piuttosto che luoghi di utopia? 5_In che modo queste forme di attivismo e di opposizione consistente possono non solo reclamare il diritto alla città ma renderlo una pratica contro culturale? 6_Le strategie di appropriazione esaudiscono le necessità di partecipazione all’ordinamento dello spazio metropolitano? 7_ Quali altre relazioni sinergiche si possono intraprendere tra la rivendicazione teorica del diritto alla vita urbana e la sua attuazione tramite pratiche di interazione territoriale?
Questions
1_ What theoretical processes underlies the strategies of territory parcels squatting? 2_ In what way the right to the city is expressed through these forms of appropriation? 3_ What kind of participation induce in the metropolitan life the action of intrusion, of squatting ? 4_ How these actions may be considered expressions of society rather than places of utopia? 5_ In what way these forms of activism and consistency opposition can claim the right to the city and reveal it as a countercultural practice? 6_ Do the strategies of appropriation fulfill the need of participation to the metropolitan space order and planning? 7_ What other synergetic connections can be undertaken with the theoretical claim of the right to urban life and its fulfillment through territorial interaction practices?
MAP-it / laboratorio di mapping partecipativo a Metropoliz
Thomas Laureyssens del collettivo di MAP-it dopo una prima esperienza di mappa partecipativa nella precedente edizione di BaBeL, guiderà i residenti di Metropoliz a esplorare lo spazio dello squat. Con l’aiuto di Thomas potranno esprimere e visualizzare le proprie riflessioni su una mappa attraverso un kit di icone sticker, superando tutte le difficoltà comunicative di un gruppo eterogeneo. Le riflessioni di questo workshop, come già successo nel primo MAP-it di novembre, verranno elaborate in una mappa riassuntiva che possono servire come linea guida per futuri interventi a Metropoliz
venerdì 18 maggio, ore 11.00 a Metropoliz, via prenestina 911, 913 per partecipare inviare una mail a babel.forteprenestino(at)gmail.com map-it.be
MAP-it / a participatory mapping workshop Metropoliz
Thomas Laureyssens of MAP-it
After a first experience of participatory map in the previous edition of Babel, leads the residents of Metropoliz to explore the space of the squat. With the help of Thomas they can express and view their considerations on a map through a set of icons stickers, overcoming all the difficulties of communication in a heterogeneous group. The reflections of this workshop, as already happened in the first MAP-November it will be compiled into a summary map that can be used as a guideline for future interventions.
Workshop di Urban Hacking con Thomas Laureyssens/MAP.it
Due giorni di workshop con Thomas Laureyssens/MAP.it. I partecipanti saranno alle prese con Arduino e Waveshield per innescare con semplici installazioni interattivi hacking urbani negli spazi pubblici (bus / tram , panchine…).
Possiamo evocare interessanti interazioni sociali tra le persone nello spazio pubblico con l’aggiunta di interventi interattivi?
Possiamo essere più consapevoli dello spazio pubblico che viviamo?
Il workshop è rivolto a tutti i designer, street artist, architetti, fanatici di bricolage, tecnici, artisti … (che non temono le prestazioni di hacking urbano).
Non è obbligatoria la conoscenza di programmazione Arduino
PROGRAMMA
Dopo una breve introduzione alle tecnologie, i progetti saranno sviluppati in gruppo. L’ultimo giorno si installano e testano i prototipi sul posto.
18.05 (18.00-20.00)_ Introduzione e descrizione della tecnologia
19.5 (11.00-18:00)_ Concetto di sviluppo e costruzione
20.5 (11.00-18:00)_ Costruzione e prove in spazio pubblico
Cosa portare?
_Se volete provare la programmazione Arduino: vi sarà utile un computer portatile e il cavo USB.
_Optional: apparecchiature elettroniche, come saldatore, multimetro, apparecchi di registrazione audio, … ma questo non è un requisito.
_Strumenti della vostra forma preferita di espressione, o che può essere utilizzato per le hack.
Per esempio: gli altoparlanti vecchi, giocattoli che fanno rumore, altri oggetti interessanti da smontare o riutilizzare, spray
per partecipare scrivere a:
babel.forteprenestino(at)gmail.com toyfoo.com
Urban Hacking workshop con Thomas Laureyssens/MAP.it
In this 2 day workshop with Thomas Laureyssens/MAP.it we use Arduino (http://arduino.cc/) and Waveshield (http://www.ladyada.net/make/waveshield/) to build interactive urban hacks that augment public spaces (bus/tram stops, benches,…) with simple interactions and sounds. Can we evoke interesting social interactions among people in public space by adding interactive interventions? Can the users of public space be made more conscious about the state of the urban space they passively or actively engage in? After an introduction the technology, projects are developed by group collaboration. The last day we install and test the prototypes on location.
Who?
Designers, (street)artists, architects, DIY-fanatics, technologists, performers… who are not afraid of some hands-on building, hacking or urban performance. No prior knowledge of programming Arduino is required, but it’s good to have one or more skills that you can bring to the workshop.
Timing
18/5 18:00-20:00: Introduction and technology overview
19/5 10:30-18:00: Concept development and construction
20/5 10:30-18:00: Construction and testing in public space
What to bring
– If you want to try programming Arduino: a laptop and USB cable.
– Optional: Electronic equipment like soldering iron, multimeter, sound recording equipment,… but this is not a requirement.
– Tools of your favorite form of expression or that can be used for the hacks. For instance: Old speakers, toys that make noise, other interesting objects to take apart or re-use, spraypaint,…
Workshop di Marking Borders con Thomas Laureyssens/MAP.it
I partecipanti sono chiamati a guardare la città in modo creativo, ma critico, un workshop con Thomas Laureyssens/MAP.it in cui si cammina per la città a cercare tutti i tipi di Confine, limiti sociali, estetici, concettuali, architettonici, ma sarà il partecipante a dover decidere quale tipo di confine cercare e identificandoli con nastro e penna ne visualizzerà la natura.
Marking borders workshop with Thomas Laureyssens/MAP.it
A workshop with Thomas Laureyssens/MAP.it in which you walk around the city and look for all kinds of ‘borders’ which you mark with tape and pen and thereby identifying and visualizing them. Its up to the participant to decide which type of boundaries to look for.These can be social, aesthetic, conceptual, architectural…Participants are challenged to look to the city in a creative but critical way.
Laboratorio Urbano ReWorkShow è un gruppo composto da studenti di architettura che intende studiare ed intervenire in quei contesti urbani dimenticati e spesso negati ai cittadini; l’obiettivo è di favorirne la riappropriazione attraverso laboratori di progettazione e autocostruzione, mirando ad una riattivazione degli spazi espressa in termini di partecipazione collettiva e comunicata tramite una nuova spettacolarità del luogo. Attraverso la collaborazione con comunità e centri sociali, che agiscono quotidianamente in questi contesti critici, è possibile elaborare risposte alternative a quelle (non) fornite dal circuito ufficiale di gestione del territorio. La metodologia del gruppo è di partire dall’analisi delle caratteristiche specifiche del luogo per poi concretizzare le risposte in un processo condiviso di riconfigurazione e riqualificazione attraverso l’autorecupero e la progettazione sostenibile, intesa sopratutto in termini materici ed economici. La speranza è quella di proporre valide condizioni di vivibilità e condivisione dell’ambiente urbano e al contempo sensibilizzare la collettività ad un uso consapevole e partecipato dei luoghi in cui vive e si relaziona. Laboratorio Urbano Reworkshow è composto da: Cora Fontana, Marco Didonato, Giulia Mangiafesta, Luigi Murgante, Giulia Poma Murialdo, Andrea Rondoni, Alberto Saccà, Gabriele Salvia
<a href="http://Laboratorio Urbano ReWorkShow è un gruppo composto da studenti di architettura che intendono studiare ed intervenire in quei contesti urbani dimenticati e spesso negati ai cittadini; l’obiettivo è di favorirne la riappropriazione attraverso laboratori di progettazione e autocostruzione, mirando ad una riattivazione degli spazi espressa in termini di partecipazione collettiva e comunicata tramite una nuova spettacolarità del luogo. Attraverso la collaborazione con comunità e centri sociali, che agiscono quotidianamente in questi contesti critici, è possibile elaborare risposte alternative a quelle (non) fornite dal circuito ufficiale di gestione del territorio. La metodologia del gruppo è di partire dall’analisi delle caratteristiche specifiche del luogo per poi concretizzare le risposte in un processo condiviso di riconfigurazione e riqualificazione attraverso l’autorecupero e la progettazione sostenibile, intesa sopratutto in termini materici ed economici. La speranza è quella di proporre valide condizioni di vivibilità e condivisione dell’ambiente urbano, ed al contempo sensibilizzare la collettività ad un uso consapevole e partecipato dei luoghi in cui vive e si relaziona. Laboratorio Urbano Reworkshow è composto da: Cora Fontana, Marco Didonato, Giulia Mangiafesta, Luigi Murgante, Giulia Poma Murialdo, Andrea Rondoni, Alberto Saccà, Gabriele Salvia
Urban ReWorkShow Laboratory is a group of architecture students who intend to study and to intervene in those urban areas often forgotten and denied to the citizens, the goal is to encourage the re-appropriation through laboratory design and construction, aiming for a reactivation of space expressed in terms of collective participation and communicated through a new spectacular scenery. Through collaboration with community and social centers, which act every day in these critical situations, it is possible to develop alternative responses to those (not) provided by the official circuit of Land Management. The methodology of the group is to start from the analysis of the specific characteristics of the place and then realize the answers in a shared process of reconfiguration and redevelopment through AutoRemounter and sustainable design, seen especially in textural and economic terms. The hope is to offer good conditions of living and sharing the urban environment and at the same time sensitizing the community to participate and a conscious use of the places where we live and relate. Urban Reworkshow Laboratory consists of: Cora Fontana, Mark DiDonato, Julia Mangiafesta, Murgante Louis, Julia Murialdo Poma, Andrea Swifts, Alberto Saccà, Gabriel Salvia
A Varsavia, il diritto alla città appartiene a chi paga di più. L’amministrazione urbana non rappresenta i cittadini, ma gli interessi degli speculatori, il suono del denaro è più forte della voce delle lotte dei cittadini. Così la gente di Varsavia, il suo nucleo vitale, combatte per i propri diritti fondamentali: quello di vivere in dignità, di partecipare alla creazione della città, prendere decisioni sulla sua sorte. In questo quadro si svolge la tragedia di Jolanta Brzeska, attivista per i diritti degli inquilini, con la sua uccisione è stata posta una brusca fine alla sua lotta contro l’aumento degli affitti: il 1 marzo 2011 il suo corpo carbonizzato è stato scoperto nella foresta alla periferia di Varsavia. L’edificio in cui viveva Jola Brzeska è stato re-privatizzato, come è accaduto in migliaia di altri casi.
Negli ultimi 20 anni l’acquisto di titoli di edifici popolari della città, di parchi e piazze si è rivelato un affare estremamente redditizio proprio per l’intervento delle più alte cariche dell’amministrazione cittadina. Fino ad oggi in Polonia non esiste ancora alcuna norma giuridica che gestisca il processo di re-privatizzazione e che garantisca una qualche forma di protezione per i residenti le cui case siano reprivatizzate.
Jola Brzeska sapeva per esperienza diretta che gli amministratori di Varsavia stavano gestendo la città come una società per azioni, ignorando totalmente i diritti degli abitanti. Il suo edificio era stato dato via dalla città al duo aristocratico Mossakowski/Massalski, (antiquario il primo, avvocato il secondo, entrambi tristemente noti per tormentare i loro inquilini “acquisiti” in tutta Varsavia). Jola era così rapidamente precipitata nel meccanismo dell’improvviso aumento dell’affitto con la conseguente impennata del suo debito verso i nuovi proprietari. Jola, che aveva combattuto battaglie legali contro Mossakowski anche se la sua situazione era senza speranza, era rimasta l’ultimo inquilino nel suo palazzo, l’unica che non fosse stato in grado di sfrattare.
Jola ha combattuto anche per un cambiamento sistemico in Polonia: l’unico paese post-comunista, in cui gli inquilini sono stati letteralmente gettati in una vasca di squali. In nessun’altra nazione le pretese dei proprietari immobiliari sono state liquidate a spese degli inquilini. Qui invece, piuttosto che pagare le compensazioni ai proprietari espropriati o ai loro discendenti (in altri paesi è compensato solo il 10-20 per cento), la ‘povera’ Varsavia prosciuga il suo bilancio pagando il cento per cento del valore di mercato della proprietà, o come accade più spesso, disfacendosi di proprietà immobiliari di alto valore dandole via con le persone che ci vivono, come se fossero semplici pezzi di carne, con il metodo “fai di loro ciò che vuoi”. Jola si è resa conto di come, per cambiare questa situazione, fosse necessaria l’unità e avviò l’Associazione Inquilini di Varsavia (Warszawskie Stowarzyszenie Lokatorów).
La situazione di Jola era simile a queste. Mossakowski e Massalski irruppero nel suo appartamento tagliando i cardini della porta con una sega circolare. Venivano a molestarla a tarda notte, e l’avrebbero poi minacciata più volte anche in presenza di agenti di polizia. Storie come queste sono innumerevoli, ma la reazione delle autorità è sempre la stessa: “È proprietà privata, la cosa non ci riguarda.”
Ufficialmente, caso Jola resta ‘irrisolto’, anche se la verità sulla sua morte non è un mistero: l’omicidio di Jola era un lavoro a contratto evidentemente pagato da chi aveva il maggiore interesse nella sua rimozione. Mossakowski non è sotto inchiesta da parte dell’accusa e si prende sempre cura di fare in modo che né il suo nome né il suo volto siano associati all’omicidio di Jola.
L’urlo drammatico “Non potete bruciarci tutti!”, lanciato nel marzo 2011 dagli amici di Jola Brzeska, è oggi trasformato in pratica collettiva. Ridurre la città ad una ‘società a responsabilità limitata’, e i suoi abitanti a ‘capitale umano’ spiana la strada al darwinismo sociale, non alla democrazia.
Per reclamare la città, dobbiamo reclamarne il significato. Il capitale umano dice basta!
Noi siamo la città.
download di magazine + poster qui
Noi siamo la città
In Warsaw, the right to the city belongs to whoever pays the most. The city’s authorities represent not the people but the interests of speculators, whose money speaks louder than the needs of the city’s residents. Thus, Warsaw’s most important element, its people, struggle for their basic rights: to live in dignity, to co-create the city, to make decisions about it. This tragedy unfolds itself in the story of Jolanta Brzeska, tenants rights activist, who’s fight against rent increases ended abruptly: on March 1, 2011 her burning body was discovered in the forest on the outskirts of Warsaw. Like thousands of the city’s tenants, Jola Brzeska’s building was reprivatized.
For the past 20 years, buying up titles to the city’s tenement buildings, parks and squares has proven especially lucrative thanks to the good grace of the highest ranking authorities: to this day, no legal regulation managing the process of reprivatization and guaranteeing protections for the people who’s homes are reprivatized exists in Poland.
Jola Brzeska knew from her own experiences that Warsaw authorities manage the city like a corporation, in utter ignorance of the rights of residents. Her building given away by the city to the aristocrat duo Mossakowski/Massalski- the first antiquary, the second lawyer, both infamous for tormenting their ‘acquired’ tenants across Warsaw- Jola quickly fell into the hole of suddenly rising rent and soaring debt. Despite her hopeless situation, she fought battles in the courts with Mossakowski and was the last remaining tenant in her building, that the developer couldn’t remove.
Jola also fought for systemic change in Poland – the only postcommunist country, in which tenants have been literally thrown into a shark pool; nowhere else are real estate ownership claims settled at the cost of tenants. Instead, rather than paying compensations to expropriated owners or their descendants (in other countries 10-20 percent is compensated), “poor” Warsaw drains its budget paying 100 percent of the property market value, or as occurs more often, simply gives away real estate worth millions along with people living inside, as if they were meat stuffing with a tag, “do with them what you want”. Jola realized that changing this situation would require solidarity and initiated the Warsaw Tennant’s Association (Warszawskie Stowarzyszenie Lokatorów).
Jola’s situation was similar. Mossakowski and Massalski broke into her apartment by cutting the door hinges with an angle grinder. They would come to harass her late at night, they would threaten her, often in the presence of police officers. Such stories are countless, but the authorities’ reaction is always the same: “That’s private property, it doesn’t concern us.”
Officially, Jola’s case remains ‘unsolved’, although the truth about her death is no mystery: Jola’s murder was a hired job, paid by those with the biggest interest in her removal. Mossakowski is not under investigation by the prosecution and takes special care to make sure that neither his name nor face are associated with Jola’s murder.
The dramatic call raised in March 2011 by Jola Brzeska’s friends, “You can’t burn us all!”, is today turned into practice. Reducing the city to a ‘limited liability company’, and its residents to ‘human capital’ paves the road to social darwinism, not democracy. To reclaim the city, we must reclaim its meaning.
Human capital says enough!
We are the city.
download the magazine + poster here
TOPOGRAPHIXX: Trans in the landscape
Un programma internazionale di video arte che si occupa di paesaggio, frontiera, zona e territorio, in un ambito transgender.
Curato da Tobaron Waxman. Introduzione di Francesco Macarone Palmieri aka Warbear
1.Chris Vargas (USA) Have you ever seen a transsexual before? _ 2010 (04 min)
“La prima metà del video registra una guerriglia e, attraverso la ripetizione, diventa una dichiarazione e una campagna di visibilità per Transessuali FTM(Female-To-Male). Quando la campagna si dimostra inutile, io entro in un un magico mondo animato, dove osservo e sono confortato da una fauna colorata e appariscente. Dedicato all’amico Sam Lopes.” – Chris Vargas.
2. Barbara de Genevieve (Chicago) Out of the Woods _ (08 min)
Una scena di sesso nel bosco tra FTM (Female-To-Male) e MTF (Male To Female), girato durante il Camp Trans.
Vincitore del Paris Post Porn Film Festival Award 2011.
3. Del LaGrace Volcano (London/Stockhölm) The Passionate Spectator _ 2004 (10 min)
Un’apparizione genderqueer elegantemente agghindata attraversa un paesaggio urbano Europeo. Ispirato da Baudelaire e dall’ultimo Brixton Brady, questo corto incarna la magia del “Flaneur”, che “vede ma non compra” e si ritrova in continuo movimento attraverso confini che lui/lei rifiuta di riconoscere. (nota: sia BriXton Brady che Del LaGrace sono identificati come ermafroditi, questo potrebbe essere il primo esempio di film non-narrativo di “cinema intersessuale”).
4. Raafat Hattab (Jaffa) Bidun Unwaan _ (06 min)
Nella maggior parte del suo lavoro, Raafat si esibisce in una figura non tradizionale di drag come “Arouse Falastin” (La sposa della Palestina, عروس فلسطين). La sposa della Palestina fa riferimento nella cultura storico-tradizionale Palestinese all’antica città-porto di Jaffa. In ‘Bidun Unwaan’ (untitled), il ritornello della colonna sonora canta “Lascio questo posto” e in arabo il titolo della stessa, vuol dire anche “Senza indirizzo di posta”. L’albero di ulivo, simbolo del villaggio Palestinese, e Raafat, amorevole balia dell’albero, sono le due figure che non lasceranno mai quel luogo. Ma quando la camera allarga l’inquadratura, si svela che il contesto di questa scena di amorevole coltivazione non è altro che Rabin Square in Tel Aviv, e la sorgente dell’acqua è la fontana nei pressi del Municipio al centro della più grande città Sionista.
Raafat Hattab: “Per me, l’albero che rappresenta l’identità Palestinese, si trova in un luogo che prima era Palestina, la sua terra originaria, e adesso, è piantato in un luogo confinato che non è un uliveto; è isolato. Rappresenta me, è cosi che mi sento”.
5. Mirha Soleil Ross (Quebec) _ 2002 (13 min)
Allo performance _ 2002 (13 min)
Da Maggio 2001 a Febbraio 2002, l’artista Mirha-Soleil Ross, una donna trans, come parte del suo progetto “The Pregnancy Project” (Il Progetto Gravidanza) nei 9 mesi di durata del di questo ciclo di progetto è apparsa in pubblico sempre mostrandosi incinta. Il vestito apparentemente innocente che appare in questo video montato con molta cura è ispirato da Shulmit Firestone.
“Mia madre non ha mai utilizzato termini spirituali per parlare di Cristianità. In questo video lei usa parole, che per me, vanno oltre le culture e, che sono strettamente legate a una cultura Aborigena che viene da una religione convertita antica di 500 anni, l’Anusian (Gli Anushim sono dei cripto-ebrei che furono costretti a convertirsi in Spagna e Portogallo e che fuggirono per essere i primi stabilire nella New France). La sua spiritualità si sviluppa ijn termini di “destino” e in questo senso è estremamente “aborigeno”. Queste, sono cose che la maggior parte della gente sicuramente non comprende, ma a noi poco importa. La maggior parte del contenuto vuole interpretare e codificare il senso identitario della donna. Alla fine del video cado nell’acqua, crollo, mi abbandono nell’acqua per essere una donna capace di riprodurre, sia il suo essere ebrea che aborigena in un territorio straniero”- Mirha Soleil Ross
6. Raafat Hattab (Jaffa)
Houria _ (07 min)
In “Houria” (Sirena/Libertà), Hattab intervista Yousra, sua zia, che gli racconta una serie di storie tramandate, che parlano dei luoghi in cui la sua famiglia ha vissuto, e dove si è dispersa nel 1948. L’immagine delle sue storie si sovrappone alla fantasia di Hattab di essere travestito da sirena sulla costa di Al-Manshiyeh, il quartiere dei nord palestinesi che confina con il mare e Tel Aviv. Hattab, che è genderqueer, è perennemente in bilico fra due mondi, non diversamente dalla sirena spiaggiata.
7. Rémy Huberdeau (Canada)
Au pays des esprits (Home of the Buffalo) _ 2009 (04:26 min)
Costruito da immagini d’archivio di praterie canadesi, scattate fra il 1920 e il 1940, questo film esplora, in maniera del tutto poetica, la relazione di un/a figlio/a, con suo padre, e quelle della famiglia con la propria terra.
8. Yossi Yacov (Berlin/Tel Aviv)
The National Erection _ 2007 (04 min)
Riferendosi ad un monumento storico di un cannone del 1948, gli Attivisti queer costruiscono un pene-cannone gigante, rosa, per spruzzare mastodontiche eiaculazioni sui monumenti militari e sionisti di Tel Aviv, come gesto di protesta, così travestendo l’etica nazionale in un pene spruzzante di raso rosa. I residenti raccontano che la polizia si sentì incastrata? Allineata? Gelosa? Comunque abbastanza per distruggere a randellate “l’erezione nazionale”, castrando il fallo queer, in risposta all’attivismo perverso del paesaggio del mito nazionalista.
Animazione 3d/Video Digitale. La Storia del Mito della Creazione Queer basata su disegni e accompagnamenti vocali della madre dell’artista. Jacolby descriveva “”Reifying Desire” : “per me è un paesaggio psicosessuale queer non senziente, costruito dai disegni di una schizofrenica, e dalle riconfigurazioni di suo figlio che riutilizza il materiale da lei disegnato.” E continuava definendo ‘Queer’ come “la diversità di chi è al di fuori della normatività”.
TOPOGRAPHIXX: Trans in the landscape
An international program of video art concerned with landscape, border, zone and territory, in a transgender spectrum
Curated by Tobaron Waxman. Introduction by Francesco Macarone Palmieri aka Warbear
1.Chris Vargas (USA) Have you ever seen a transsexual before? _ 2010 (04 min)
“The first half of the video records a guerilla performance, and through repetition, becomes a declaration and a campaign for Female-To-Male (FTM) transsexual visibility. When the campaign proves futile I enter a magical animated world where I observe and am greeted by colorful and flamboyant wildlife. Dedicated to friend Sam Lopes.” – Chris Vargas
2. Barbara de Genevieve (Chicago) Out of the Woods _ (08 min)
Una scena di sesso nel bosco tra FTM (Female-To-Male) e MTF (Male To Female), girato durante il Camp Trans.
Vincitore del Paris Post Porn Film Festival Award 2010.
3. Del LaGrace Volcano (London/Stockhölm) The Passionate Spectator _ 2004 (10 min)
An elegantly costumed genderqueer apparition traverses a European urban landscape. Inspired by Baudelaire and the late Brixton Brady, this short embodies the magic of the flaneur who sees but does not buy, who is in constant movement across borders which s/he refuses to recognize. (note: both the late BriXton Brady and Del are ‘herm’ identified. This film may be the first non-narrative example of an ‘intersex cinema’.)
4. Raafat Hattab (Jaffa) Bidun Unwaan _ (06 min)
In much of his work, Raafat performs in a non-traditional drag as ‘Arouse Falastin’ (The Bride of Palestine) عروس فلسطين. The Bride of Palestine is a traditional Palestinian reference to the ancient port city of Jaffa. In ‘Bidun Unwaan’ (untitled) the refrain of the soundtrack is “I leave the place”, and in Arabic the title also means ‘without mailing address’. As the loving caregiver to the tree, both Raafat and the olive tree as symbol for the Palestinian village are two figures who have never left the place. When the camera zooms out, the context for this nurturing is revealed to actually be in the middle of Tel Aviv’s Rabin Square, and the source of the water is the fountain pool by City Hall, at the centre of Zionism’s largest city.
Raafat Hattab: “For me, the tree that represents my Palestinian identity, is planted in a place that, on one hand, it was Palestine, the original land of it. And now it’s planted in a place that is framed, so its not its natural place, its not an olive grove and it’s lonely. It represents me, that’s how I feel.”
5. Mirha Soleil Ross (Quebec) _ 2002 (13 min)
Allo performance _ 2002 (13 min)
From May 2001 to February 2002, artist Mirha-Soleil Ross, who is a trans woman, appeared pregnant every time she was in public as part of her 9 month long performance art cycle “The Pregnancy Project”. Ross’ seemingly innocuous dress is inspired by Shulamit Firestone, in this carefully layered performance video. “My mother never used spiritual terms related to Christianity. In this video she uses words that to me, go across culture and are related to Aborginal Culture, and come from 500 years of old, converted Anusian religion (Anushim are crypto-Jews forced to convert in Portugal and Spain who escaped to be early settlers of New France.) Her spirituality is in terms of ‘destiny’ and that is very Aboriginal. Those are things that most people wouldn’t understand, but we didn’t care. So much of the content is to render and recodify a sense of who the woman is. At the end of the video I fall in the water, I collapse, I fail in the water, to be a woman who can reproduce, can reproduce either Jewishness or Aboriginalness, on foreign territory.” – Mirha Soleil Ross
6. Raafat Hattab (Jaffa)
Houria _ (07 min)
In “Houria” (Mermaid/Freedom), Hattab interviews Yousra, his aunt, who tells him generations of stories she has inherited, about where they lived, and where parts of the family dispersed to in 1948. The image of her storytelling is interwoven with imagery of Hattab dressed as a mermaid on the shore of Al-Manshiyeh, the northern Palestinian neighbourhood that borders the sea and Tel Aviv. Hattab, who ID’s as (what is in English codified as) genderqueer, is perpetually between contexts, not unlike the beached mermaid.
7. Rémy Huberdeau (Canada)
Au pays des esprits (Home of the Buffalo) _ 2009 (04:26 min)
Constructed from Canadian prairie archival images taken between 1920 and 1940, this film lyrically explores a son/daughter’s relationship with his/her father and the family’s relationship to their land.
8. Yossi Yacov (Berlin/Tel Aviv)
The National Erection _ 2007 (04 min)
Referencing a historic cannon-monument from 1948, Queer activists create a giant pink cannon-cock, to squirt giant cumshots on Tel Aviv’s military and Zionist monuments as a protest gesture, thus ‘dragging’ the national ethos as a squirting pink satin penis. Locals report that the police felt compelled? justified? jealous? enough to destroy the ‘national erection’ with clubs, castrating the queer phallus, in response to the activists perversion of the landscape of national myth.
3D animation / Digital Video. A Queer Creation Myth Story based on the artist’s mother’s drawings and vocals. Jacolby described “Reifying Desire” to me as a “queer, non sensical, psychosexual landscape….built from drawings made by a schizophrenic, and her son vogues around the material culture she drew.” He went on to define ‘Queer’ as “queer in the definition of outside of normativity”.
Tre giorni di workshop di progettazione con SCIATTO produzie. Il workshop prevede la progettazione concettuale per un intervento nei luoghi esterni di socialità e di incontro del centro occupato Metropoliz su via Prenestina. In particolare il workshop si concentrerà su l’area dei depuratori ora in disuso per suggerire e incrementare pratiche di autocostruzione e “riappropriazione” dei luoghi in esame.
Una progettazione di intenti: la produzione ludica di una mappatura tematica che disseminerà TAG concettuali verso l’attivazione di una trasformazione processuale degli spazi aperti del centro sociale.
Il workshop è rivolto agli studenti di architettura.
PROGRAMMA
Il workshop si svolgerà a Metropoliz 15-17 maggio h11-16
per partecipare scrivere a:
babel.forteprenestino@gmail.com sciattoproduzie
SCIATTO produzie workshop
Three days design workshop with SCIATTO produzie. The workshop will produce conceptual design for socializing and meeting intended to be realized in the squatted centre ‘Metropoliz’, via Prenestina. The workshop will focus on the disused area of purifiers to suggest self- construction and increase spatial re-appropriation practices. It’s definitely an intentions project: the ludic production of a thematic map that will spread conceptual TAGS towards the inception of a processual transformation of outer spaces of Metropoliz.
The workshop is meant for architecture students.
PROGRAMMA
Workshop in Metropoliz 15-17 maggio from 11 to 16
to partecipate write at:
babel.forteprenestino@gmail.com sciattoproduzie
Tra maggio 2009 e settembre 2010 oltre duemila migranti africani vennero intercettati nelle acque del Mediterraneo e respinti in Libia dalla marina e dalla polizia italiana; in seguito agli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, infatti, le barche dei migranti venivano sistematicamente ricondotte in territorio libico, dove non esisteva alcun diritto di protezione e la polizia esercitava indisturbata varie forme di abusi e di violenze. Non si è mai potuto sapere ciò che realmente succedeva ai migranti durante i respingimenti, perché nessun giornalista era ammesso sulle navi e perché tutti i testimoni furono poi destinati alla detenzione in Libia. Nel marzo 2011 con lo scoppio della guerra in Libia, tutto è cambiato. Migliaia di migranti africani sono scappati e tra questi anche rifugiati etiopi, eritrei e somali che erano stati precedentemente vittime dei respingimenti italiani e che si sono rifugiati nel campo UNHCR di Shousha in Tunisia, dove li abbiamo incontrati. Nel documentario sono loro, infatti, a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti; sono racconti di grande dolore e dignità, ricostruiti con precisione e consapevolezza. Sono quelle testimonianze dirette che ancora mancavano e che mettono in luce le violenze e le violazioni commesse dall’Italia ai danni di persone indifese, innocenti e in cerca di protezione. Una strategia politica che ha purtroppo goduto di un grande consenso nell’opinione pubblica italiana, ma per la quale l’Italia è stata recentemente condannata dalla Corte Europea per i Diritti Umani in seguito ad un processo storico il cui svolgimento fa da cornice alle storie narrate nel documentario.
Parteciperanno alla presentazione del film Fernando Chironda di Amnesty International e ZaLab.
Since March 2011, after the outbreak of the Libyan War, many African migrants and refugees escaped from the country. While a part of this flow has found shelter in refugee camps at the border with Tunisia, others managed to reach Italian coasts by boat. Many of them had been previously pushed back by Italy as a result of an agreement signed by Berlusconi and Gaddafi in 2008. Since the signature of this deal, all migrants intercepted at sea by the Italian navy were forcibly returned to Libya, where they were exposed to any kind of abuses by local police.
Our documentary aims to tell what actually happened to African refugees on the Italian ships during these “push back operations” and in Libyan prisons after their deportation. We met our witnesses in Shousha refugee camp, at the border between Libya and Tunisia, and in two reception camps for asylum seekers (C.A.R.A.) in southern Italy. Their interviews constitute the main part of the documentary, along with a session of the European Court of Human Rights in Strasbourg, where one of our witnesses sued Italy. The Court has recently condemned Italy for violation of the European Convention on Human Rights.
Presentation also with Fernando Chironda _ Amnesty International and ZaLab.
This website or its third-party tools use cookies, which are necessary for its functioning and required to achieve the purposes illustrated in the cookie policy. If you want to learn more or withdraw your consent to all or some of the cookies, please refer to the cookie policy. You agree to the use of cookies by closing or dismissing this banner, by scrolling this page, by clicking a link or by continuing to browse otherwise.AcceptRead More
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.